Jorge Reyes & the ancestor circle

0
616
Quando arrivò sulla scena internazionale il percussionista messicano Jorge Reyes il mondo delle percussioni era in pieno fermento: arrivato ad una meta matura, la maggior parte del percussionismo serio del globo non era solo alla ricerca del fenomeno sonoro, ma stava compiendo un processo a ritroso, di ricerca volta a scoprire punti di contatto storici tra le diversità delle zone geografiche di riferimento. Sposando un’orientamento accademico e pratico, molti si specializzavano in alcuni settori andando ad attingere direttamente alla fonte principi e materiale del contendere: la percussione stimolava una visione antropologica ed archeologica della musica. Jorge era naturalmente portato verso la scoperta dell’antica cultura messicana, quella pre-ispanica, indigena, che si sostanziava in una serie di oggetti di culto autonomi nella loro provenienza immersi nella saggezza e misticismo dei loro rituali. Il suo interesse fu però mediato dalla particolare situazione contingente in cui si trovava la musica agli inizi degli anni ottanta: Hassell e Roach avevano dimostrato che era possibile rivivere situazioni moderne dell’antica tradizione, che lo spirito delle civiltà dovesse essere reintrodotto attraverso i canali naturali della musica. Reyes, purtroppo scomparso nel 2009, ebbe il grande merito di reggersi su una musica maestosa, una costruzione che legava le ombre di questi uomini dimenticati e il linguaggio ambientale dell’elettronica; detto in due parole legava primitivismo e futurismo. Inoltre, il carattere mistico unito al potere onirico dei suoni, spingeva naturalmente verso le forme della new age music, settore in cui si trovò a condividere, con altri validi rappresentanti del globo dislocati in altre regioni, una nuova configurazione dell’etnicità (Kitaro in Giappone, Carlos Nakai e lo stesso Roach per quanto riguarda i temi dei nativi americani, Richard Bone per i divertimenti sudamericani, sono tra quelli che mi vengono prima in memoria).
La carriera di Reyes* (fatta di oltre venti album da solista e di una lussuosa collaborazione con Roach e Suso Saiz) ha avuto il pregio, sin dal suo inizio, di impostare la ricerca senza nessuna retorica, lavorando sulla bellezza e il senso dei suoi antichi predecessori, attraverso un set di mezzi unico fatto di ocarine e flauti preispanici, tenàbaris, tarahumara, sonajas, vocalità ancestrali ed una serie di oggetti usati in modo percussivo risalenti al periodo atzeco, inca e maya (teponaztli, càntaro, etc.).
Le quattro collaborazioni con Steve Roach sono lo specchio della preponderanza del momento: la prima risale alla formazione del trio Suspended Memories (in cui partecipava anche il chitarrista spagnolo Suso Saiz) e si sostanziò di due albums molto acclamati dalla critica: Forgotten Gods  del ’93 mediava tutte le posizioni e le prospettive, con Roach invischiato nella costruzione dei drones e nella tribalità sciamanica e Reyes che inseriva la sua valenza messicana con misura; lo splendido Earth Island del ’94 ne perfezionò i contenuti, equilibrando la libertà creativa dei musicisti che usufruirono di spazi maggiori per gestire le proprie caratteristiche, evitando qualsiasi rischio su una possibile convenzionalità dei temi ambient che imperversavano in quei giorni. Quell’anno Roach e Reyes incisero anche The flayed God, molto controverso nella riuscita e si rincontrarono nel 2000 in occasione di Vine – Bark & Spore, un lavoro che mostrava che molte cose erano cambiate ed il processo di compattazione della preistoria con la modernità indicava una maggiore maturità ed integrazione sul lato tecnologico della musica.
The ancestor circle” risale a registrazioni in studio fatte tra i due nel 2000 prima dei loro concerti alTucson’s Temple of Music and Art, e gode di un ampio lavoro di rimaneggiamento e modifica fatto da Steve sui nastri. Propone nella sua globalità un’intimismo spirituale che Reyes certamente possedeva ma era una parte del suo stile: si cerca di far risaltare il canto e le atmosfere rituali, dando poco spazio al flusso etnico che fu uno dei punti di forza del messicano. Ma è indubbio che le trame di “The ancestor circle“, così come sistemate da Roach, sono un potente magnete che risucchia prepotentemente i nostri equilibri.

 

__________________________________________________
*Nota:
Discografia consigliata di Jorge Reyes:
A La Izquierda Del Colibri (con Antonio Zepeda) (Philips,1985)/Comala (con Arturo Meza & La Tribu) (Exilio, 1986)/Niérika (Exilio, 1990)/Bajo El Sol Jaguar (con Suso Saiz e Juan Carlos López) (Grab. Lejos del Paradiso,1992)/El Costumbre (con Juan Carlos López)(Grab. Lejos del Paradiso, 1993)/Mexican Music: Prehispanic Music for the Forgotten Spirits (Paramusica, 1994)/Forgotten Gods con i Suspended Memories (Hearts of Space, 1993)/Earth Island, Suspended Memories (1994, Fathom)
Articolo precedenteSubliminalità, elettronica e l’esperienza glaciale di Thomas Koner
Articolo successivoRobert Erickson’s Orchestral Colors: Auroras & Other Works
Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.