Lei Liang sta intelligentemente esportando il suo pensiero ponendo in essere registrazioni signature del suo stile nelle principali etichette discografiche classiche e contemporanee. Per la più sperimentale Mode ha registrato sue composizioni andando a formare il laboratorio al confine tra contemporaneità e asiaticità di Brush-Stroke; per la New World ha assemblato Milou, individuando una maggiore propensione per i gusti statunitensi; per la Naxos un cd orchestrale, Verge, che ben si adattava alle sue caratteristiche somatiche, ora per la Bridge esce un’altra raccolta che ha da una parte l’impronta della compilazione definitiva e dall’altra apre prospettive. Penso che a questo punto manchi solo un disco con Kairos R., magari impostato tutto sul versante delle tecniche contemporanee.
In “Bamboo lights” compaiono 7 composizioni che colgono a pieno la personalità dell’autore: Liang è un compositore che discende da varie influenze: è figlio di alcune tecniche di Cage e Varese, soprattutto riguardo all’architettura delle pause strumentali o delle costruzioni percussive; di Feldman per la cattura dello spirito atemporale sotteso al brano; del cinese Chou Wen-Chung, per gli elementi di incrocio tra cultura occidentale ed orientale (quindi anche a livello pittorico o letterario). Liang, inoltre, è uno dei compositori di rilievo nell’ambito dello sviluppo moderno delle tradizioni musicali (nel suo caso quella cinese, giapponese e mongola). In un momento in cui in alcune parti d’Europa si ritorna a parlare di composizione concettuale, Liang dimostra con gli elementi di sempre come la funzionalità della musica diretta alla creazione di contenuti emotivi, sia un requisito imprescindibile per chiunque.
Nello specifico, “Bamboo lights” contiene:
-Listening for blossoms, suonato dal Cicada Chamber Ensemble, è una composizione in cui le forme scarne sono propedeutiche per la realizzazione della principale caratteristica di Liang: mettere in musica l’immaginazione che si determina col pensiero*. Incrocia i suoni, crea astruse notazioni (che impegnano anche gesti non convenzionali), calibra i silenzi, ed a un certo punto l’idea è proprio quella della germinazione, dell’espulsione di nuove particelle biologiche, puntellamenti che nascono in uno sfondo musicale devoto all’attesa.
–Lakescape I e II, sono due composizioni idealmente unibili, che riflettono un desiderio di benessere, quasi come in una forma new age completamente trasformata e travisata nelle forme della musica contemporanea. Sono essenze quelle che si muovono. Pensato da Liang per esprimere le visuali interiori provate di fronte ad un lago in un monastero buddista, raccorda un vibrafono che crea effetti subdoli, un piano con poche note appropriate a sostegno ed un soprano da brivido che di tanto in tanto risveglia il nostro istinto di uomini in perenne e forzato equilibrio tra gioia di vivere e accettazione dei suoi limiti. Lakescape I può definirsi un salmo, un vero haiku; e se vi lamentate per la sua brevità, potete tranquillamente attaccarlo con il Lakescape II, solo per trio di percussioni; qui oltre al vibrafono, c’è marimba e cimbali usati in modo da far risaltare le risonanze e gli armonici. E’ un movimento a giro con fugaci campane tibetane che rendono inequivocabile il paesaggio di fondo che si vuole rappresentare. Un’atmosfera bucolica, spirituale, un avvertimento profuso con le armi dell’individualità orientale.
–Serashi Fragments e Gobi Gloria ci riportano allo spirito della Cina, in particolare della vicina Mongolia, i cui panorami geografici hanno da sempre affascinato Liang: Serashi era un fiddle player, mentre Gobi Gloria è un quartetto d’archi che prende spunto da una canzone urtiin duu (long chant) mongola. Rimangono intatte le immagini attraverso la musica, che è piena di respiro, mistero, condensata nella struttura asiatica rafforzata dagli inserimenti occidentali. Lo spirito etnico di Liang è qui più evidente, ma aldilà di questo, è la raffinatezza della scrittura che emerge a caratteri cubitali.
–Lake fa pensare agli svariati tentativi di definire un aggregato geografico: non mancano certo, nella musica classica, tentativi di mettere in musica i Laghi. Ma il Lago di Liang, dipinto da un flauto ed un sax alto, ha un potenziale evocativo che proietta in maniera potente le nostre sensazioni verso quelle storie di leggenda che indicano come sia relativo tutto quello che si racconta: c’è un incanto, un’idea riflessiva di cui non si sa la direzione, che lascia intatti tutti i nostri interrogativi. Ma le leggende ci aiutano a vivere, qui per più di 5 minuti.
–Bamboo lights, è un pezzo per orchestra in quattro movimenti, scritto a memoria degli antenati persi nella seconda guerra mondiale: fitte costruzioni di bamboo circondavano le loro case nella foresta nel sud della Cina, che così diventano i testimoni invisibili delle barbarie. All’orchestra viene attribuito un ruolo marginale, di sostegno, poichè Liang, nel rispetto delle buone usanze di Cage, si concentra sull’impianto subdolo delle vicende: così sembra di essere avvolti in una fiaba, con percussioni a mò di tam tam, strumenti dell’orchestra che serializzano spazi, silenzi inconfondibili che spiegano. Nell’ultimo movimento Liang cerca di anche di darsi delle visuali concrete, creando un risvolto non terreno, con variazioni ritmiche dei flauti e dell’orchestra che individuano gli occhi degli antenati, reclamando la loro presenza.
Nota:
*Lei ha studiato ad Harvard avvalendosi dell’insegnamento del compositore Robert Cogan, che raccolse in un libro del 1984 intitolato “New images of musical sound” (Harvard University Press), dei rari e preziosi contributi su come catturare immagini dagli spettri sonori più disparati (suoni e canto classico, jazz, elettronico o tibetano).