“The Canadian Classics series is enriched by another interesting chapter devoted to writing for cello and piano, with compositions by Canadian young composers. The performers are the duo Rachel Mercer (cello) and Angela Park (piano), two amazing musicians that stimulate the common denominator of the collection, ie the identification of “the sounds of our time”….
“Sounds of Our Time” could be an inseparable companion, to use as a background in reading, during a pleasant waiting, or during a walk in the trees…..we can certify the validity of the inspiration of the composers involved, as well as the intelligent homogeneity that the two musicians have given to the entire project, to a level that seems to ascertain their intervention in the creative process….”
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Scrivere musica per violoncello e piano è stata pratica diffusa in alcuni periodi della storia, soprattutto se ne vedevano le ragioni tra il barocco inoltrato e il primo novecento impressionista. Negli ultimi decenni è indubbio che questa pratica abbia subito una notevole compressione: la tonalità, pur non subendo stop traumatici, ha dovuto sopportare il cambio di vedute della musica contemporanea che ha diretto la musica da camera verso altre caratterizzazioni espressive. Tuttavia, come è noto, le sonate in solo o più strumenti, restano ancora un invalicabile polo di attrazione e formazione per i giovani musicisti, soprattutto negli Stati Uniti e nei paesi nordamericani.
La collana Canadian Classics si arrichisce di un altro interessante capitolo dedicato proprio alla scrittura per violoncello e piano, con composizioni di giovani compositori canadesi restituite all’ascolto dal duo Rachel Mercer (cello) ed Angela Park (piano), musiciste esemplari che stimolano un comune denominatore della raccolta individuabile dai “suoni del nostro tempo”. Lo sforzo compositivo di questi autori va dritto alle teorie post-moderne della musica, con un raggio d’azione non generalmente accettato come probatorio dei tempi: se si escludono le composizioni della Richardson-Schulte (Crossing for cello and piano) e Mark Nerenberg (I thirst) nelle altre vi si trova ancora il trionfo della tonalità (a dire il vero un’ottima costruzione tonale). Le generalità della scrittura da camera dell’impressionismo francese ed inglese resta ancora un baluardo di bellezza e non deve scandalizzare il fatto che si siano sviluppati dei fermenti (anche europei) che hanno rivalutato il ruolo della musica da camera aggiornandola all’odierno: la modern classical, un movimento soprattutto europeo, è la conferma che è stato possibile creare connubi tra quegli idiomi e alcuni settori della musica degli ultimi trent’anni (penso al minimalismo o ad un certo tipo di elettronica).
In “Sounds of our time“, naturalmente, non vi è nulla che richiami questi connubi, ma è indicativo di un timido peggioramento degli umori a parità di sostanza compositiva: William Rowson (1977) con la sua Cello Sonata (2012) ci fa capire subito dove ci troviamo; Kevin Lau (1982) riporta in auge istinti pittorici con la Starsail (2008); Hunter Coblentz (1988) con la Ex animo for two cellos (2010) toglie il piano per far posto ad un secondo cello, un raddoppio raro nella storia musicale che forse si stagnò già in epoca barocca; in Crossing (2011) della Abigail Richardson-Schulte (1976) compaiono i segni della musica contemporanea, in un approccio singolare in cui vengono rovesciati i ruoli dei due strumenti; mentre Mark Nerenberg (1973), traendo spunto dalle parole della passione di Cristo, ricompone magnificamente le gesta dell’esistenza umana con I thirst (2008), avvicinando i mondi della chamber music tradizionale con quelli moderni.
In definitiva quindi “Sounds of our time” potrebbe rappresentare un inseparabile compagno di viaggio, da usare come sottofondo nella lettura, nel corso di una piacevole attesa o di una passeggiata in mezzo agli alberi. Pur non potendoci sbilanciare sulla validità complessiva dei compositori impegnati in questo progetto musicale (quelle riportate sulla serie Canadian Classics sono tutte prime mondiali discografiche), possiamo comunque acclarare la validità dell’ispirazione dei compositori coinvolti, nonchè l’omogeneità intelligente data dalle due musiciste esecutrici all’intero progetto che sembra nascondere anche un loro intervento nel processo creativo.