Gyorgy Ligeti: Il maestro dello spazio immaginario

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Source http://proxy.handle.net/10648/ad33fd82-d0b4-102d-bcf8-003048976d84 Author Marcel Antonisse / Anefo, Creative Commons CC0 1.0 Universal Public Domain Dedication.
Ingrid Pustijanac è una ricercatrice di musicologia divisa tra Zagabria e Pavia. Con molto acume la Pustijanac offre le sue competenze su uno dei compositori principali del secondo novecento, su cui molto è stato scritto ma fuori dall’Italia; una circostanza strana, se vista in rapporto all’ottima popolarità raggiunta da Ligeti nel nostro paese. Se scaviamo in fondo nella bibliografia italiana dell’autore quello che resta, per qualità e quantità dei contenuti, è la raccolta di saggi che Enzo Restagno mise assieme nel 1985. Quello che dovrebbe essere un dovere di documentazione dei musicologi, sembra che in Italia sia confinato alle riviste, alle interviste episodiche o comunque ad aspetti critici che non riescono ad abbracciare l’intero panorama delle tematiche del compositore. Ecco quindi che il notevole sforzo della musicologa di origine croata per la LIM Ed. serve per ricostruire in forma completa e strutturata tutto l’ampio ventaglio offerto dall’opera del compositore; si tratta di evidenziare l’influenza che Ligeti ha ricevuto dalle vicende della sua vita, di verificare la portata e i contenuti del tratto filosofico e centrare la sua posizione nell’ambito del pensiero compositivo, nonchè di analizzare ed interpretare la tecnica e il processo della composizione al fine di evidenziare le reali scoperte effettuate dall’ungherese.
Il testo, quindi, si pone allo stato attuale, come la miglior risorsa in lingua italiana del compositore. Un lavoro espresso con uno stile chiaro, che soprattutto per coloro che conoscono solo il lato pratico della musica di Ligeti (quello derivante dall’ascolto) può riservare la sorpresa di saper ben coniugare quel versante con la capacità di analizzare le strutture della composizione ed entrare con molta sagacia nel regno che interessa i compositori. Anche le fonti rinviano all’ampia letteratura disponibile (tra cui i vari testi di musicologia di matrice germanica, l’interpretazione di carteggi e documenti della fondazione Paul Sacher di Basilea, monografie ed articoli sul e del compositore).
Il maestro dello spazio immaginario” è espressione che ben si presta in maniera sintetica per descrivere la centralità tematica del compositore anche se non esaustiva dell’intero parco composizioni: distinguendo cronologicamente l’attività compositiva, la Pustijanac evidenzia le tre principali fasi vissute da Ligeti, dove all’attività giovanile indirizzata al recupero di istanze rientranti nell’universo sonoro di Bartok, si sostituì quella fase per la quale Ligeti rimarrà impresso nella storia musicale, e cioè le sue scoperte sulla staticità delle forme e il reimpiego della serialità in funzione delle innovazioni della micropolifonia e della strutturazione a strati. L’analisi della musicologa è completa, pienamente interiorizzata nell’empasse esplicativa profusa da Ligeti, ed è in grado di sviscerare un linguaggio che cerca di evitare tecnicismi eccessivi (specie nella problematica di approfondimento dei capolavori dell’ungherese): l’obiettivo è rendere le parole del compositore il perno centrale di tutte le considerazioni susseguenti. Anche la terza fase, quella che l’autore presenta come ritorno alle origini ritmiche, condensa le novità che Ligeti si apprestava a portare anche in quel campo.
Il concetto di spazio di Ligeti era assolutamente accondiscendente e divaricante rispetto a quello proposto da teorici e compositori dell’epoca: d’accordo sulla necessità comunque di una forma compositiva, Ligeti mutuò molta della sua concezione dalle vibrazioni coloristiche di Webern, Debussy, Mahler, accettando con molta riserva le spazialità che rinvenivano da effetti ottenuti sistemando orchestra ed elementi in posizioni differenti alla maniera del pensiero di Stockhausen. Il pensiero fisso di Ligeti era quello di trovare all’interno delle combinazioni timbriche suscitate da una partizione tradizionale degli strumentisti e delle orchestre, quell’effetto sospensivo che poteva dare l’idea di uno spazio “temporale” e non fisico o cosmico (sebbene nell’ascolto vengano incontro subdolamente anche queste istanze): uno spazio esclusivamente frutto della nostra immaginazione, migrato in maniera differente dall’arte pittorica, che avesse però caratteristiche di invarianza, uno spazio “congelato” così come descritto dall’autore come “….l’illusione che la forma musicale che scorre davanti a noi esiste contemporaneamente nella sua totalità. Che il tempo subisca un arresto, venga portato alla stasi....”.
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.