“Paragone d’archi” is a collaboration aimed at the rebalancing of power relations between violin and viola, namely the meaning attributed by the musical history of their relations, an archetype or pamphlet from the past: although titles and cover designs depict the will to carry out more extensive comparisons that come from the architecture’s field, in this record we find other sensory coordinates. The musical structure that emerges in “Paragone d’archi” is an integrative view, that seems to want to give vent to the instrumental capabilities of the two musicians, projecting the acoustic rattling in orbits less acculturated of an artistic arch. It’s like taking a walk in a cave of bats in which, however, are banished our fears about the encounter with that animal specie. In this sense, the evocative capacity of music is clearly safeguarded. An example of creativity that can disturb the ears not accustomed to that kind of listening But ask yourself, how many musicians all around the world sound like Hug and Pastor?
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Charlotte Hug è un’eclettica violista svizzera che nel 1999, nel suo esordio in solo “MauerrauM WandrauM” fissava già in maniera inequivocabile tutto il suo pensiero improvvisativo: l’idea era quella di sfruttare quella parte di sonorità della viola più vicina all’incupimento e allo stridore metallico; la sua tecnica consisteva nel selezionare particolari ambienti acustici per poter espandere e potenziare il suono della viola, nel dotarsi di alcuni accorgimenti tecnici sugli archi utilizzati durante la perfomance, nel sfruttare la sua voce ponendola idealmente come prolungamento o sostituzione del suo strumento, una vocalità che in maniera originale sviscera alcuni aspetti della contemporaneità di Meredith Monk e Diamanda Galas, in specie quelli che pescano nell’urlo e nell’ululato. Charlotte ha ormai parecchie registrazioni alle spalle soprattutto in casa Emanem, l’etichetta inglese specializzata in free improvisation di Martin Davidson, di cui è diventata ormai un asse portante; le sue perfomances (che spesso aggiungono anche effetti di live electronics) sono ormai un immenso bigliettino da visita (vedi qualcosa qui)(1).
Stefano Pastor è, invece, uno dei più attraenti violinisti italiani: passato attraverso la classica, il jazz e la musica etnica, Pastor ha acquisito un suo idioma anche nella sperimentazione (anche con l’ausilio di elettronica leggera, tramite intelligenti esperimenti con pedaliere ed effetti corali), impossessandosi di un suono rotondo, molto presente e pieno di influenze non immediatamente riconoscibili. Stefano è anche un poeta a stretto contatto con la musica: nel suo sito internet troverete un dipinto di Franca Novelli dedicato all’artista: Stefano Pastor: the violinist and his Daemon, in cui è riepilogata quella continua sfida musicale e filosofica che il violinista continuamente cerca nei suoi lavori. Alcune delle sue espressioni migliori sono addirittura dei laboratori culturali, dove Stefano affianca l’attività letteraria grazie a dei reading organizzati (quelli di Erika Dagnino) di particolare efficacia (2).
“Paragone d’archi” è una collaborazione intesa a riequilibrare i rapporti di forza tra violino e viola, intendendo quelli che storicamente ci portiamo come un pamphlet del passato: sebbene titoli e disegni in copertina ritraggono la volontà di effettuare comparazioni più ampie rinvenienti dal campo dell’architettura, in questa prova sono altre coordinate sensoriali che sembrano essere richiamate: quello che emerge è una visione integrativa che pare voglia dar sfogo alle capacità strumentali di entrambi, proiettando lo sferragliare acustico in orbite meno edulcorate di un arcata: è come assistere ad una passeggiata in una grotta di pipistrelli da cui è bandita la paura dell’incontro. In tal senso la capacità evocativa è nettamente salvaguardata. Un esempio di creatività che può recare disturbo alle orecchie non abituate. Ma chiedetevi quanti, di questi splendidi musicisti, ci sono in giro?
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Note:
(1) Vi segnalo tra le registrazioni i tre cds in solo: MauerrauM WandrauM” (Unit R., 1999), “Neuland” (Emanen 2003) e Slipway to galaxies (Emanen, 2010); inoltre le collaborazioni con il pianista Frederick Blondy in “Bouquet” (2012), “Fine extensions” con il cellista Fred Lonberg-Holm e “Pi:k” con Elliot Sharp, tutti per la Emanem.
(2) Per farvi un quadro della sue caratteristiche artistiche, tra le tante registrazioni, vi consiglierei: Trasmutations (Slam 2006), Cycles (Slam 2007 con la Dagnino), Uncrying skies (Silta 2007 con Schiaffini, Dini e Rotella), Live in Tortona (Mutable 2009 con il mai abbastanza compianto Borah Bergman), Bows (Slam, 2010 con Kash Killion) e North South Dial (Slam 2011 con il collega Ari Poutinianen)