Per coloro che amano la free improvisation penso che il sassofonista Jack Wright sia una fantomatica conoscenza: l’americano dopo essersi messo in luce nella prima ondata di sperimentalisti del jazz, discograficamente ha ingranato una marcia in più solo alla fine dei novanta, per Jack l’inizio di un periodo di riscoperta della free improvisation, attraverso una nuova generazione di giovani liberi improvvisatori. Quel decennio di pausa è servito anche al musicista per migliorare l’esplorazione dello strumento e la propria espressività; non è certamente un dogma il fatto che i migliori sassofonisti dell’improvvisazione siano anche quelli che hanno il coraggio di esporsi, spesso con prove isolate, in cui riescono a far assaporare tutto il linguaggio elettivo della loro musica. Wright lo ha fatto più volte, facendo intravedere, sotto lo sfondo di una plurima affinità con tecniche non convenzionali, una propria espressione, unica nel suo genere.
“As if anything could be the same” non sfugge a questa regola, anzi è la registrazione tecnicamente più avanzata di Wright che, in questo dono fatto all’etichetta di Reilly e Panico, si unisce al figlio Ben che suona il contrabbasso: come sappiamo gran parte delle registrazioni di Wright sono disponibili solo dietro diretta richiesta (Jack ha la sua etichetta privata, la Spring Garden Music), perciò queste 5 improvvisazioni sembrano essere un tentativo di portare la propria musica ad un livello più ampio di ascolto, vista anche la maggiore attenzione che le istituzioni dell’arte musicale stanno dedicando all’improvvisazione libera negli ultimi anni in America. Jack ha una conoscenza perfetta di come far scaturire strutture di conversazione, che si sostanziano in una ricerca di corrispondenze tra l’interiore dello strumento (alto e soprano sax) e brandelli di riferimenti espressivi; il suo obiettivo è teso nell’impostazione di un art dialogue puntellato di note fuori fase, alle quali attribuire una loro identità. Vengono individuate modalità caratteriali diverse che paiono seguire anche lo status fisico del sassofonista: il fraseggio troncato (che viene esteriorizzato con la posizione in piedi) individua una situazione di insofferenza che spesso dà spazio ad emissioni sonore che sfociano in qualcosa che è simile a dei singhiozzi o lamenti (un aspetto che Wright enfatizza spesso stando seduto con la testa e il sax inclinato); quel “fantoccio” si fa conto delle profonde risonanze del sax, evidenziando anche una sorta di soffocamento, specie quando si alza il livello di esplorazione dello strumento.
“As if anything could be the same” è un disco stilisticamente completo, direi un sigillo.