Doppio centro per Wadada Leo Smith

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Vijay Iyer & Wadada Leo Smith. Concert of January 8, 2017 at Lantaren/Venster, Rotterdam.https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/, no change was made
Con Wadada Leo Smith ci eravamo lasciati a “Heart’s Reflections” in cui parlando per la prima volta del musicista avevo anche inserito un suo profilo; mentre per la pianista Angelica Sanchez avevo scritto una recensione in occasione della pubblicazione di “A little house“; i due jazzisti ora si involano in nuove improvvisazioni in duo in questo “Twine Forest“, che si riconcilia ampiamente con la loro dimensione migliore: Wadada ritira fuori tutto il suo particolare lirismo a chiaroscuri in cui la tromba parla un linguaggio totalmente a lui riferibile, mentre la Sanchez ricusando per certi versi una totale impostazione verso le veloci e roboanti evoluzioni di Cecil Taylor, imposta un pianismo di atmosfera, con soluzioni oblique che la vedono alle prese con arpeggi sospensivi o vibrazioni ottenute tramite le corde interne del pianoforte.
Pieno di creatività, art-form, “Twine Forest” è quel perfetto oggetto sonoro di cui si possono cibare coloro che sono alla ricerca di una partecipazione sensitiva del free jazz portata ai massimi livelli: è gradevolissimo all’ascolto come un vecchio album di jazz del passato e non è assolutamente arido come talvolta capita all’improvvisazione libera propugnante; Wadada ha da tempo puntato su un jazz che ha anche delle regole, dei risvolti compositivi e questo si sente nelle evoluzioni della sua tromba che spingono meno su emissioni pirotecniche prolungate (che erano una prerogativa del giovane musicista) e più sull’incanto dei suoni. Penso che in questo chiunque abbia un buon orecchio se ne sia accorto (forse solo la title track “Twine Forest” smentisce parzialmente questo concetto). Tuttavia “Twine Forest” si snoda sul terreno delle sonorità decadenti, ci rimanda a Tristano e ai pianisti degli oceani, è il frutto di una profonda rappresentazione artistica della solitudine, della frattura con l’essere che viene dominata dalla libertà di esprimere, attraverso la musica, le proprie vedute. “Retinal sand“, “Light black birds” o “In the falls of“, tratti da un crogiolo di atti empatici e traslativi, sono perle di cui, ancora oggi, il jazz ne sente il bisogno assoluto.
Wadada Leo Smith è anche sceso in campo per appoggiare apertamente la protesta politicamente invisa alla situazione economica globale: con la regia subordinata di una vecchia conoscenza della free improvisation, il contrabbassista John Lindberg ed un gruppo completo di strumentisti nordici (il Tumo che sta per Todella Uuden Musiikin Orkesteri*) Wadada si è recato ad Helsinki per raccogliere le registrazioni di un cd proiettato nell’immagine solidale del primo free jazz orchestrale degli anni settanta, quello che rimanda alle orchestre inglesi e alla Globe Unity Orchestra, ma con caratterizzazioni totalmente indipendenti e frutto di un’alchemia sonora a cui il trombettista americano partecipa molto democraticamente, lasciando spazio ad un eccellente Lindberg solista (un magnifico e pluri-esteso assolo in “Mount Kilimanjaro“) e al lavoro finemente cesellato dell’orchestra (con tendenza avant o contemporary a seconda dei casi) che si giova del desiderio di fluidificarsi nei “black holes” voluti da Wadada, ossia spazi improvvisativi collettivi che cercano di stabilire un contatto con l’evocazione di un probabile spazio cosmico da decifrare. Ne viene fuori qualcosa di indefinibile, libera causalità che sconfina anche in una sommessa vena spirituale, un pò come si usava fare tempo fa nel jazz, ma che è tremendamente affascinante all’ascolto per via dell’orientamento e del mosaico dei particolari sonori.
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*TUMO, in inglese The Really New Music Orchestra è formato oltre che da Lindberg al contrabbasso anche da una serie di eminenti improvvisatori finlandesi:
Verneri Pohjola: trumpet and electronics; Jari Hongisto: trombone; Kalle Hassinen: horn; Kenneth Ojutkangas: tuba; Juhani Aaltonen: flute, alto flute, bass flute and piccolo; Fredrik Ljungqvist: tenor and sopranino saxophones, clarinet and bass clarinet; Mikko Innanen: alto, soprano and baritone saxophones; Seppo Kantonen piano; Iro Haarla: harp; Mikko Iivanainen: electric guitar; Kalle Kalima: electric guitar; Veli Kujala: quarter-tone accordion; Terhi Pylkkänen: violin; Niels Thorkild Levinsen: violin; Barbora Hilpo: viola; Iida-Vilhelmiina Laine: cello; Ulf Krokfors: double bass; Janne Tuomi: drums and marimba; Mika Kallio: drums; Stefan Pasborg: drums 
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Music writer, independent researcher and founder of the magazine 'Percorsi Musicali'. He wrote hundreads of essays and reviews of cds and books (over 2000 articles) and his work is widely appreciated in Italy and abroad via quotations, texts' translations, biographies, liner notes for prestigious composers, musicians and labels. He provides a modern conception of musical listening, which meditates on history, on the aesthetic seductions of sounds, on interdisciplinary relationships with other arts and cognitive sciences. He is also a graduate in Economics.