“….Masson is very special composer who uses the general principles of atonality and twelve-tone series by injecting into writing powerful doses of Icelandic folklore: this mixture generates an unique mosaic of sound, with powerful evocative areas created by the instruments: violins are played on the high range of hues, moving like butterflies wandering: when they don’t develop their traditional work (to play the melody or to support the rhythmic phase in the same way as an ostinato à la Stravinsky) they embark on combinations with the wind instruments, where the latter are supported by different rhythmic lines and multiphonics processes. The aim is to get wonderful areas of apparent misunderstanding of sound…..”
“…is an organic factor that accompanies the pieces: it is something that affects us slowly, for the variety and the wisdom of the combinations, it is the creation of a sort of blameless “dream”, that ties the historical mood of a people with the erudite skill of a composer post-Schoenberg or of an English post-serialist…..”
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Áskell Masson è uno dei più importanti compositori islandesi nato nella deflagrazione delle teorie moderne della musica del secondo dopoguerra: non un caso isolato nell’àmbito della composizione di quel paese, ma sicuramente un caso originale di creatività. A soli 26 anni (1980), Masson scrisse un concerto per clarinetto, ancora oggi ricordato e riconosciuto nella sua bellezza stilistica, con il rammarico che la replica di quella partitura ha conosciuto molti luoghi di esibizione pubblica, mentre a livello discografico sembra molto difficile reperirne una (che ho scoperto solo sul sito del compositore).
Masson è compositore autodidatta, con un interesse particolare verso gli strumenti a fiato e le possibilità dei multifonici (che pesca non solo nel clarinetto e nel sax, ma anche negli anfratti più trascurati di tromba, trombone e tuba), nonchè con una preparazione consona verso le percussioni (materializzate soprattutto in un concerto per marimba ed alcuni pezzi per snare drum); come ottimo documento stilistico esce finalmente per Naxos un cd dedicato alla composizione orchestrale: vengono incluse tre composizioni per orchestra da camera e la sinfonia n. 2 (Masson ne ha scritte 3); se si eccettua “Elja” in questa raccolta tutto il resto è in prima mondiale.
Masson è compositore particolarissimo che sfrutta l’atonalità e i principi generali delle serie dodecafoniche iniettando dentro la scrittura potenti dosi di folklore islandese ingenerando un patchwork sonoro unico, con potenti zone evocative create dagli strumenti: violini tirati sulla gamma alta della tonalità che si muovono come farfalle vaganti, che quando non fanno il loro tradizionale lavoro (di esplicitare la melodia o scandire la fase ritmica in ostinati a la Stravinsky) si abbinano con gli strumenti a fiato a loro volta sostenuti da linee ritmiche diverse e da processi multifonici; lo scopo è ottenere magnifiche zone di apparente incomprensione sonora.
Masson è compositore particolarissimo che sfrutta l’atonalità e i principi generali delle serie dodecafoniche iniettando dentro la scrittura potenti dosi di folklore islandese ingenerando un patchwork sonoro unico, con potenti zone evocative create dagli strumenti: violini tirati sulla gamma alta della tonalità che si muovono come farfalle vaganti, che quando non fanno il loro tradizionale lavoro (di esplicitare la melodia o scandire la fase ritmica in ostinati a la Stravinsky) si abbinano con gli strumenti a fiato a loro volta sostenuti da linee ritmiche diverse e da processi multifonici; lo scopo è ottenere magnifiche zone di apparente incomprensione sonora.
Nonostante siano dichiarati i riferimenti alla melodia e alla letteratura islandese, non vi aspettate un prodotto antiquato che scava nelle saghe o in qualche castello stregato; qui si agisce in distillazione, è un fattore organico che accompagna i brani: è qualcosa che lentamente colpisce per la varietà e la sapienza dei connubi, che cercano di creare una sorta di “sogno” irreprensibile, che unisca l’umore storico di un popolo con l’erudita capacità di scrittura di un compositore post-Schoenberg o di un post-serialista inglese.
Le composizioni di Masson danno il senso compiuto di quello che da tempo è ambiguamente visto negli ambienti accademici: “Elja” (ispirato da un poema popolare islandese), “Ymni” (bucolica composizione con frammento canoro su testo del poeta islandese Gunnar Gunnarson), “Maes howe” (un inedito e straniante concerto per tuba che mette assieme virtuosismo, poetica popolare e il paesaggio di Orkney), nonchè la “Kammersinfonia” (quattro movimenti significativamente modificati nell’ordinario svolgimento classico) dimostrano che le differenziazioni atonali sono i candidati perfetti per un certo tipo di espressione e movimentazione sonora.
E’ fantastico di come la musica oggi offra questi esempi candidi e silenziosi, che si nutrono solo della loro creatività. Quest’ultima si presenta spumeggiante e concretamente di contrasto a quell’entourage musicale che si invece si nutre solo di àmbizioni: è attraverso compositori come Masson che possono essere superate le barriere delle mancate conoscenze, quelle più profonde, che derivano dall’isolamento spesso dovuto ingiustamente a limiti geografici.