L’approfondimento delle nostre origini culturali è una delle esigenze che spesso rincorre i nostri pensieri, soprattutto quando questa conoscenza è stata negata da una forzata emigrazione: il progetto del chitarrista Marc Sinan, padre tedesco ma madre turca, si basa sulla riscoperta dei luoghi di origine fatta in modo quanto più capillare possibile, tornando sui luoghi (nel suo caso una vasta zona dell’Anatolia) cercando di carpire i segreti profondi che essa nasconde. “Hasretim” (in inglese “The longing”) è un cd/dvd per la Ecm Records che ha un taglio che medita su vari fattori musicali: l’importanza delle musica tradizionale, la sua integrazione con la musica occidentale, la preservazione del patrimonio artistico in dissolvimento; in passato scrissi un paio di articoli sulla musica turca mettendo in evidenza come quel paese abbia già percorso sentieri di integrazione tra tradizioni e cultura compositiva occidentale, ma quello che non si dice quasi mai è che le abilità dei musicisti tradizionali operanti nelle varie filiazioni della musica anatolica (tra cui un posto fondamentale lo rivestivano i suonatori di saz, una specie di chitarra liuto) stanno rischiando l’estinzione perchè l’esodo verso Istambul e le grandi città li fa tramutare in cantanti di protesta che si confondono in quel processo di generalizzazione musicale che pervade le realtà con plurimi istinti etnici. La bravura di Sinan non sta solo nell’idea, ma risiede soprattutto nello svolgimento di essa: “Hasretim” fonde in maniera mirabile la tradizione, l’improvvisazione e la composizione; non nascondo il dubbio che Sinan in questo sforzo sia stato notevolmente coadiavuto dal nostro compositore e direttore d’orchestra Andrea Molino*: gli arrangiamenti che condensano i tre elementi prima citati pagano un tributo alla modernità dell’incontro tra culture diverse, poichè la scrittura soggiace a molte regole della contemporaneità classica; l’utilizzo di una piccola orchestra sinfonica (la Dresdner Sinfoniker) è in sostanza la carta d’identità con cui gli europei impongono la loro storia musicale, ma qui parlare di imposizione è come fare un oltraggio al buon senso dell’udito poichè qui gli uomini delle tradizioni e gli uomini “contemporanei” parlano una lingua comune: a seconda dell’esigenza la Dresdner Sinfoniker si incontra con le formazioni di musicisti tradizionali turchi ed armeni oppure una tromba o un piano jazz improvvisano liberamente sulle perfomance di canto e strumenti turku.
“Hasretim” è il tentativo di dare una risposta agli interrogativi che Sinan e i suoi collaboratori si pongono: del perchè i compositori spesso non traggono ispirazione dalla tradizione e perchè non esiste una scuola di musica nazionale, della rarefazione di quei compositori che ancora non documentano a sufficienza le tradizioni minute per trasferirle nella composizione, e della maniera in cui la musica contemporanea occidentale può ancora influire sulla musica dei sultani. Certo è che con la “scusa” di affrontare le origini Sinan ha registrato uno dei più bei lavori di interposizione tra culture del decennio.
Nota:
*Molino è un compositore che negli ultimi anni si sta ponendo all’attenzione proprio per alcuni grandi progetti teatrali multimediali